Arriva la nostra Guida Vitae 2022!

Arriva la nostra Guida Vitae 2022!

Come tutti gli anni, la nuova edizione della Guida Vitae sta raggiungendo proprio in questi giorni le case di tutti gli associati. Un lungo e articolato lavoro di squadra che quest’anno, oltre alle oramai consuete difficoltà causate dalla pandemia, ha dovuto affrontare anche lo scotto della partenza di un nuovo progetto editoriale. Il referente della Guida per la Sardegna, Pier Paolo Fiori, ci regala gli abituali riepiloghi numerici, unitamente a qualche gustoso “dietro le quinte”, definendo con maggiore precisione alcuni aspetti introduttivi che consentiranno di inquadrare al meglio le pagine dedicate alle aziende isolane. (G.D.)

Nicola Bonera, Direttore della Guida Vitae 2022

Sono in consegna in questi giorni le Guide Vitae edizione 2022, e probabilmente la curiosità ha già portato chi l’ha ricevuta a sfogliarne le pagine.

E’ un po’più grande rispetto alla precedente, ma pesa mezzo chilo in meno e si presenta in maniera totalmente rinnovata sia nella veste grafica che nei contenuti.

Le pagine ospitano un maggior numero di produttori; noterete poi un alleggerimento delle parti testuali che lascia spazio a icone e abbreviazioni, nonché l’inserimento di alcune novità assolute, come la valutazione del ranking delle aziende recensite e la segnalazione delle 100 migliori performance dell’anno emerse dalle degustazioni.

Roberto Dessanti, Paolo Savoldo e Pier Paolo Fiori

 

Un buon paio di occhiali aiuterà nella lettura!

La nostra Sardegna è presente quest’anno con 52 aziende, di cui 8 nuovi ingressi, grandi e piccole, cooperative e private, rappresentative di tutti i principali distretti viticoli dell’Isola.

L’appassionata collaborazione dei redattori, dei degustatori e di tutto lo staff, complicata non poco dalle restrizioni dovute alla pandemia, ci ha permesso di portare in valutazione 320 diverse etichette; abbiamo così disegnato una mappa enografica regionale puntuale e originale, che evidenzia un dinamismo di particolare interesse sia sotto il profilo imprenditoriale che sotto quello più strettamente enologico; insieme alle Aziende che ci sono state vicine in questo percorso e a tutti gli associati AIS che ne avranno piacere, auspichiamo nei prossimi mesi di poter conoscere meglio queste linee di tendenza.

Noterete anche che il consueto profilo che apriva la sezione regionale, e che, sulla base dei risultati delle degustazioni, riassumeva considerazioni sull’ultima vendemmia, valutazioni sulle precedenti annate e analisi del comportamento dei vitigni più rappresentativi nelle diverse macroaree, quest’anno è stato sostituito da un’introduzione più generalista; probabilmente non pochi storceranno il naso nel leggere questa prefazione, che, con approccio molto giornalistico (forse troppo) tende a mettere in risalto uno stereotipo della Sardegna enologica che non ci convince, o perché il messaggio risulta troppo generico, o perché, quando va a cogliere argomenti molto tecnici in tema di viti-enologia o gastronomia regionale, lascia spazio a più di una perplessità.

Vitae è al tempo stesso strumento di lavoro per gli associati e strumento di comunicazione per le Aziende: non sono ammesse imperfezioni.

Vogliamo riproporvi il testo introduttivo originale preparato per l’edizione di quest’anno, sperando che possa contribuire a meglio interpretare il vivace scenario emerso dalle ultime degustazioni.

Ancora GRAZIE a tutti coloro che hanno permesso di realizzare questo progetto.

Buona lettura!

 

Pier Paolo Fiori, referente regionale Vitae 2022

SARDEGNA

È un quadro piuttosto variegato quello che emerge dalla tornata di degustazioni estive; la chiave di lettura delle ultime annate corre su un doppio binario, tra i bizzarri capricci meteoclimatici e le mutevoli risposte qualitative delle aree più vocate. Nelle terre d’elezione il Vermentino non tradisce, e la vendemmia 2020, soleggiata e ventilata, porta ottimi frutti; ma abbiamo potuto anche apprezzare, complice il costante affinamento delle tecniche di gestione del legno, le raffinate etichette del precedente millesimo, a dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, che questo vitigno “sa attendere”. Il Cannonau, altro alfiere dai numeri importanti, ci ha presentato referti territoriali dalla marcata variabilità; in alcuni casi ha dato però meritatissimo risalto ad alcuni cavalli di razza, inossidabili conferme o novità assolute, di rara fattura ed eleganza; è di tutta evidenza che, per un produttore, la possibilità di lavorare uve da vigne ubicate in quota è una ricchezza che nessuna alchimia di cantina può ripagare. Salvo alcune locali eccezioni, i grandi numeri certificano il 2018 quale annata tra le meno brillanti per i rossi di Barbagia, Ogliastra e Mandrolisai. Stesse congiunture ma risultati differenti si sono registrati nel dinamico Sulcis, con le diverse declinazioni dei Carignano sempre in gran spolvero, potenti, ricchi e raffinati, che sembrano reagire ancora bene alle ripetute stoccate del global warming; vendemmia 2017 da incorniciare. Scommesse vinte anche per i produttori che osano sconfinare verso frontiere poco esplorate con protagonisti “i piccoli autoctoni”: il torbato convince, il cagnulari affascina, il nieddera attrae; nasco e malvasia in versione secca moltiplicano le etichette e ci conquistano. Infine, last but not least, il Mandrolisai, che ha saputo rinunciare coraggiosamente alla disastrosa vendemmia 2018 per dedicarci le sorprese più gradite (forse perché non te le aspetti); osservato speciale degli eno-investitori, sa ancora tenersi lontano dalle contaminazioni e ci regala assaggi dall’autentico sapore identitario. Il riconoscimento del prestigioso Tastevin AIS va ad Angraris 2017 e a Paolo Savoldo, a sottolineare il convinto impegno profuso per ridare lustro a questa ritrovata denominazione, Paesaggio rurale e storico d’Italia e cuore geografico della Sardegna, in cui la vigna è una tessera essenziale di tradizione e di vita.

Sul bel Danubio blu, un incontro con i vini bianchi d’Austria

Sul bel Danubio blu, un incontro con i vini bianchi d’Austria

Un serata davvero riuscita quella organizzata dalla Delegazione AIS di Cagliari qualche giorno fa presso il T-Hotel e dedicata ai vini bianchi d’Austria. Soci e appassionati hanno infatti avuto la possibilità di approfondire le proprie conoscenze su un territorio unico, che soprattutto nell’ultimo decennio ha dimostrato una notevole evoluzione verso la produzione di vini di grande qualità, con un costante interesse verso il metodo di coltivazione biodinamico.

Ci troviamo tra il 47° e il 48° parallelo. Pur non mancando territori vocati alla coltivazione di vitigni a bacca rossa, l’Austria è comunque grande terra di bianchi. A confermarlo, i 1350 ettari vitati della piccola e storica regione vitivinicola della Wachau, nella Bassa Austria, che in termini di rapporto fra superficie vitata e scambi commerciali nel mondo sta all’Austria come la Borgogna sta alla Francia: una piccola estensione, a fronte di una grande importanza a livello economico. Quattro le macroaree di produzione, partendo da nord verso ovest: la Bassa Austria, la zona di Vienna, il Burgenland e la Stiria. Dal punto di vista climatico, estendendosi orizzontalmente, l’Austria è abbastanza omogenea. Fa eccezione la Bassa Austria vitivinicola, e quindi la Wachau, in cui la presenza del Danubio fa in modo che i venti freschi bavaresi, seguendo il corso del fiume, influenzino nettamente il clima.

A condurre l’approfondimento, Nicola Bonera, miglior sommelier d’Italia nel 2010 e grande estimatore di questo territorio. La tentazione del confronto con la Germania, vicina sia dal punto di vista geografico che ampelografico, è forte. Eppure questi vini hanno dimostrato nel tempo, e ancora oggi dimostrano, un carattere e una identità tali da far concentrare su di essi tutte le più attente osservazioni.

Un sistema di classificazione abbastanza complesso, quello austriaco, tutto ancora in divenire, seppur con una solida base di partenza. Sedici le denominazioni d’origine, fra cui nove aree DAC (Districtus Austriae Contollatus), fedeli al nuovo sistema normativo che mette in primo piano l’importanza del vitigno, e sette aree in cui si producono Qualitätswein. Trentacinque sono i vitigni ufficialmente coltivati e, tra questi, i protagonisti del seminario: Grüner Veltliner, che pesa per un 40% nel totale della superficie vitata austriaca, e Riesling, che con un piccolo 6%, riesce comunque a farsi riconoscere per qualità e finezza dei vini prodotti.

Due tipologie di suolo, in particolare, ospitano e nutrono questi due grandi vitigni: loess, ovvero stratificazioni di sabbie eoliche, per il Grüner Veltliner, identificato come “vino di pianura”; gneiss, e quindi roccia scistosa, per il Riesling, il “vino di collina”. Il metodo austriaco di lavorazione dei due vitigni prevede l’utilizzo di una piccolissima quantità di acini botritizzati, ma non in tutti i casi. La lavorazione del Riesling privilegia l’uso dell’acciaio, al fine di stabilizzare alcune componenti e ritardare il più possibile la comparsa di fenomeni ossidativi, i quali porterebbero alla formazione del trimetil-diidronaftalene, conferitore del tipico sentore di idrocarburo. Utilizzo del legno, invece, per il Grüner Veltliner, vitigno neutro, che con l’evoluzione assume però le caratteristiche note pepate.

Questa la sequenza dei vini degustati:

Grüner Veltliner Wagram Der Ott 2016 – Weingut Ott

Cristallino, di un giallo paglierino ancora giovanissimo, quasi trasparente. Già al naso si avverte l’inconfondibile nota piccante del vitigno, alla quale si unisce, immediatamente dopo, una leggera nota vegetale di edera e ortica. La piccantezza si ritrova anche all’assaggio, qualcuno azzarda un vago ricordo di senape e finocchio di mare. Un vino all’apparenza semplice, ma di grande persistenza. Il risultato è un’ampia soddisfazione di aroma in bocca, e desiderio di berne nuovamente un altro sorso. Gustoso, di ottima bevibilità, figlio della sua annata, la 2016, caratterizzata dall’equilibrio e da una grande freschezza. Un’ostrica dal finale dolce si sposerebbe bene con questo vino, che per  caratteristiche intrinseche gioca la sua personalità sulle durezze.

Grüner Veltliner Kamptal Ried Renner 2014 – Schloss Gobelsburg

Qui appaiono da subito altre tonalità di giallo, più dense rispetto al primo Grüner Veltliner, risultato della drastica riduzione delle rese, in un’annata difficile, quella del 2014, caratterizzata da abbondanti piogge, ma dalla quale si è riusciti a selezionare i migliori grappoli. All’olfatto un netto sentore di zafferano, ma sotto c’è il piccante che scalpita. Un vino complesso, con note già di evoluzione e speziatura, dal carattere più internazionale, elegante, arrotondato.

Grüner Veltliner Wachau Smaragd Axpoint 2015 – Hirtzberger

Paglierino, con un naso che farebbe pensare a un vino dolce. Non ci sarebbe da sorprendersi se si trovasse dello zucchero residuo. D’altronde, come recita l’etichetta, le uve sono raccolte tardivamente, il 3 e 4 novembre. La componente alcolica è presente, ma non evidente, l’acidità è contenuta eppure nell’insieme gli aromi mantengono il vino leggiadro, con una sensazione ciclica di piccantezza da kren, rafano, che pulisce il palato e lo rende scorrevole.

Riesling Wachau Federspiel Loibenberg 2017 – Knoll

Intenso, floreale, fragrante, con riconoscibili sentori vegetali di salvia, e poi nitide note di polveri gessose e pietra, a ricordare l’inconfondibilità del vitigno. Una freschezza quasi nervosa. E’ Riesling!

Riesling Wachau Smaragd Terrassen 2017 – Rudi Pichler

Profondo, all’olfatto il floreale è di acacia, gelsomino. In cantina c’è un’attenzione quasi maniacale all’utilizzo corretto delle temperature per la vinificazione: lo scopo è quello di esaltare gli aromi primari, i più sinceri. Il carattere salino, ma soprattutto la piccantezza, lo fanno somigliare quasi a un Grüner. Questa apparente interscambiabilità tra i due vitigni è la dimostrazione del fatto che a vincere, ancora una volta, è il territorio, con la sua fortissima identità. Questo vino non può che essere un Wachau.

Riesling Wachau Smaragd Klaus 2015 – Prager

Fine, esotico, frutto di un millesimo caldo come il 2015, ricco, pieno, senza botrite. Un vino con pochi accessori, senza sovrastruttura; un prodotto di classe, pulito, armonioso. Invita a pensare al piatto ideale da abbinare: seguire la tradizione e quindi abbinarlo a un’insalata di luccio condita con olio prezzemolo? Oppure lasciare da parte per un attimo il territorio e concentrarsi sui crostacei, come per esempio un’aragosta in bellavista accompagnata da qualche salsa?

In conclusione, una nota di merito, nonché un ringraziamento particolare, va ancora a Nicola Bonera, che con immagini e aneddoti evocativi ha portato gli ascoltatori nei luoghi dei suoi ricordi, dalle pianure alle colline, sul bel Danubio blu, con un calice di Grüner Veltliner o Riesling sempre in mano.

Gallery della serata