Dal Golfo di Biscaglia al Golfo dell’Asinara: il fuoriclasse sardo-bordolese – Verticale Hassan 2012-2017

Dal Golfo di Biscaglia al Golfo dell’Asinara: il fuoriclasse sardo-bordolese – Verticale Hassan 2012-2017

Vedere realizzati in maniera tangibile i prodotti della propria immaginazione regala sempre una buona dose di gratificazione. Quando poi il risultato va anche al di là delle aspettative, la soddisfazione è senza dubbio massima. Questo discorso ben si adatta alla vicenda imprenditoriale di Roberto Sassu che una quindicina di anni fa, parallelamente ad altre attività nel campo dell’edilizia, decise di metter su insieme alla moglie Grazia un’azienda vitivinicola. La stella polare (intesa come vini del cuore) era indubbiamente l’area di Bordeaux, in particolare il cosiddetto “taglio bordolese”, la magica alchimia nata sulle rive della Garonna che dal connubio tra cabernet sauvignon, cabernet franc e merlot ha dato vita a grandi vini rossi in tanti (piccoli e meno piccoli) angoli del pianeta. La sfida prevedeva però un ulteriore grado di difficoltà, perché Sassu non solo voleva sperimentare il taglio bordolese in terra sarda, ma intendeva anche arricchirlo con una quota del vitigno principe dell’isola, il cannonau. La scelta dei terreni da impiantare a vigneto cadde su una suggestiva area dell’agro di Sorso affacciata sul golfo dell’Asinara, l’isola nell’isola che poi avrebbe anche suggerito il nome dell’azienda, battezzata appunto Tenuta Asinara.

Giacomo Tachis nei terreni di Tenuta Asinara

Una volta acquisiti i terreni, sorse la necessità di impostare e disegnare l’impianto dei vigneti e Roberto Sassu decise di rivolgersi a uno dei maggiori esperti a livello internazionale, e cioè Giacomo Tachis, “padre” del Sassicaia e anche del Turriga, giusto per citare due tra le sue numerose e prestigiose “creature”. Tachis rimase molto colpito dal terreno a disposizione e si trovò a esprimere grande meraviglia per la luce, presente per un altissimo numero di ore nell’arco della giornata con una diffusione di notevole estensione, per la ventilazione e anche per la utilissima esposizione al mare. Con la vendemmia 2011, i grappoli delle uve a bacca nera diedero vita al primo rosso, lavorato solo in acciaio, che venne battezzato Herculis (e che comunque, nel tempo, con millesimi di qualità crescente ed “ereditando” le barrique utilizzate in prima battuta dal fratello maggiore, ha definito con merito la sua brillante fisionomia di “second vin”). Solo un’anticipazione di quanto sarebbe avvenuto l’anno successivo, quando l’arrivo delle barrique diede il via al progetto del grande rosso aziendale, momentaneamente ancora senza nome.

Giovanni Fancello

Più che propizio fu dunque, qualche anno dopo, l’incontro con il giornalista e scrittore Giovanni Fancello, il quale, tra le sue enciclopediche letture, andò a scovare la storia di un pastorello sardo che, nel XVI secolo, venne rapito dai corsari che controllavano l’isola dell’Asinara e portato in Africa dove fu ribattezzato Hassan; crescendo, si mise in luce come uno degli uomini più influenti fino a diventare Re di Algeri. La vicenda piacque molto a Roberto Sassu, che decise quindi di battezzare Hassan il rosso della vendemmia 2012 che, dopo qualche anno di maturazione e affinamento, venne finalmente imbottigliato a inizio 2015. Da allora, la ricetta è stata sempre la stessa: quattro vitigni utilizzati (cannonau, cabernet sauvignon, cabernet franc e merlot) maturazione per circa un anno e mezzo in barrique di primo passaggio, ulteriore permanenza in vasche inox e prolungato affinamento in bottiglia prima della distribuzione commerciale. Al momento sono sei le annate in commercio, dalla 2012 alla 2017. La 2018 è stata inviata in anteprima per le degustazioni delle Guide, tra cui Vitae 2023, e bisognerà pazientare ancora qualche settimana per saperne di più. Ho avuto la possibilità di degustare, insieme ad alcuni colleghi della Delegazione AIS di Sassari, i sei millesimi a disposizione, per una “verticale” che ricorderemo tutti a lungo visto che riguarda uno dei rossi più interessanti apparsi in Sardegna in questi ultimi 10 anni.

Di seguito alcune note di degustazione redatte in collaborazione con i colleghi Pier Paolo Fiori e Antonio Furesi.

Hassan 2017

Il colore granato con riflessi rubino sull’unghia “dichiara” la giovane età, confermata dalla fragranza fruttata di more e amarene. Una delicata speziatura di pepe e noce moscata completa il quadro olfattivo. Al palato si presenta caldo, con una buona fluidità di beva e una raffinata trama tannica. Finale balsamico con ritorni agrumati di arancia sanguinella. Dopo aver degustato le annate precedenti, ci si è trovati tutti concordi nell’individuare proprio nell’annata 2017 il “cambio di passo” dal punto di vista stilistico, con una maggiore attenzione all’acidità che conferirà ai millesimi successivi un potenziale evolutivo ancora più elevato.

Hassan 2016

Colore granato compatto e vivace. Profumi di confettura di ribes e susine, poi amarene sotto spirito, con note speziate di pimento, tabacco inglese, china e sentori di tostatura. Assaggio potente e voluminoso con tannini decisi e rifiniti. Finale speziato in cui permane una elegante nota chinata.

Hassan 2015

La massa cromatica è declinata sul granato fitto con nuance aranciate. Al naso, l’iniziale chiusura si scioglie poi in un impatto che presenta i primi accenni terziari, con note terrose, sentori di sottobosco, carruba e spezie piccanti. All’assaggio si impone per prima la componente alcolica, bilanciata da una buona freschezza e da tannini pressanti. Finale leggermente amaricante per un millesimo che presenta qualche segno di “stanchezza”.

Hassan 2014

Granato molto fitto, quasi impenetrabile, con riflessi arancio. La leggera nota eterea introduce un’intensa palette olfattiva con frutti neri, cioccolato, caffè, cuoio, tabacco e radice di china; con l’ossigenazione emergono anche eleganti note balsamiche e fumé. All’assaggio è caldo, asciutto, avvolgente, con un’inaspettata freschezza e tannini ben torniti. Lenta e coerente dissolvenza su toni speziati e balsamici, per un grande vino che si contende col successivo l’Oscar della serata.

Hassan 2013

Tonalità decisamente granate con evidenti sfumature aranciate. Bouquet complesso che evidenzia subito griotte sotto spirito, cacao e note di torrefazione, con decise note speziate, soprattutto pepe nero. Eleganti note boisé e balsamiche completano il quadro olfattivo. Assaggio austero e imponente, in cui emerge il calore alcolico tonificato da freschezza balsamica, per una beva impreziosita da una raffinatissima texture tannica. Lunga persistenza per il degnissimo rappresentante di un grande millesimo.

Hassan 2012

Granato denso e compatto con marcate inflessioni aranciate. Quadro olfattivo declinato su note di frutti di bosco macerati, corteccia, china, humus e tabacco. Il sorso evidenzia una componente alcolica un po’ sopra le righe, ma è capace di mostrare ancora un vivissima trama tannica, mentre la spalla acida, pur conferendo il suo contributo strutturale, è meno brillante dei millesimi successivi e penalizza leggermente l’aspetto dell’equilibrio. Buon finale con qualche segnale evolutivo.

Durches

Durches

In accordo con la casa editrice Arkadia pubblichiamo un estratto da “Durches”, il libro di Giovanni Fancello dedicato alla storia dei dolci sardi, in libreria dal 30 agosto 2018. Si tratta del capitolo relativo ai vini sardi da dessert, curato dal nostro collega Giorgio Demuru.

VINI DA DESSERT PRODOTTI 
IN SARDEGNA PER ACCOMPAGNARE I DOLCI

La tipologia del vino da dessert ha spesso patito una considerazione molto superficiale e una collocazione nei vari menù semplicistica e, diciamo così, residuale. 
La “regola aurea” dell’abbinamento, che prevede l’accostamento obbligato tra cibi dolci e vini con residuo zuccherino, presenta spesso come controindicazione una classificazione generica di questa categoria di prodotti. 
E invece, all’interno della tipologia, tantissime sono le varianti da prendere in considerazione per individuare gli abbinamenti ottimali, in grado di esaltare e valorizzare sia il cibo che il vino. 
La presenza di zucchero richiama di per sé il concetto di piacevolezza, anche in un’ottica di memoria gustativa interiore. Ma la sola presenza di zuccheri residui non può essere sufficiente a delineare la silhouette di un grande vino, che invece richiede equilibrio gustativo raggiungibile con una decisa espressione di acidità e sapidità (e, nel caso dei vini rossi, anche tannicità), in grado di bilanciare le componenti morbide derivanti da zuccheri, alcol e glicerina. Un risultato che si può ottenere assecondando e valorizzando le peculiarità del territorio nonché attraverso pratiche di cantina attente e mirate. 
La regola, dicevamo, prevede l’accostamento obbligato, ma proprio la multiforme varietà dei dolci sardi, materia di cui si occupa questo volume, consente tutta una serie di importanti eccezioni, permettendo l’individuazione di abbinamenti ottimali anche con vini che, come vedremo, non hanno nella presenza di zuccheri la propria cifra distintiva. 
Ma andiamo per gradi. 
Nel panorama vitivinicolo sardo hanno sempre rivestito un ruolo importante i prodotti ascrivibili, in senso lato, alla variegata categoria dei vini da dessert, sia per la diffusa coltivazione di vitigni a essi destinati (soprattutto moscato, malvasia, nasco e, in misura minore, girò), sia per alcune particolari vinificazioni legate alla tradizione come la Vernaccia di Oristano e la Malvasia di Bosa. 
Iniziando il giro virtuale dell’isola da nord, troviamo due grandi declinazioni del vitigno aromatico moscato: il Moscato di Sorso-Sennori e la sottozona Moscato di Tempio Spumante, appartenente alla DOC Moscato di Sardegna.
Il Moscato di Sorso-Sennori gode i vantaggi di un territorio vocatissimo come la Romangia che, per composizione del suolo e felice esposizione ai venti marini, conferisce a questo vino una forte presenza delle componenti acido-sapide. Un vino dai profumi inebrianti e ben equilibrato che si sposa al meglio con dolci a base di mandorle, miele o frutta secca come copulettas, guelfos e pabassinos. 
Il Moscato Spumante di Tempio associa all’aromaticità del vitigno la leggiadria di un alcol molto contenuto che ne esalta la bevibilità, garantita anche dall’effervescenza, oltre che dalla mineralità conferita dal suolo gallurese. Perfetto con tutte le tipologie di frittelle e con i delicati dolci a pasta violada. 
Spostandoci verso la Riviera del Corallo, troviamo la tipologia Liquoroso della DOC Alghero, un’autentica eccellenza isolana prodotta con l’utilizzo di uve cannonau. Un vino di gran corpo e di estrema eleganza, da accostare a dolci al cioccolato o con la sapa/saba come caschettes, tericas/tiliccas, etc. Sempre all’interno della DOC Alghero, nella versione Passito incontriamo per la prima volta il vitigno nasco che dà vita a un vino di grande piacevolezza, perfetto in abbinamento con eccellenze locali come torta di menjar blanc e tabaqueres. 
Proseguendo verso sud lungo la costa occidentale troviamo la Planargia, regno indiscusso di un altro vitigno aromatico, la malvasia, che da queste parti raggiunge vette qualitative altissime. 
La Malvasia di Bosa viene prodotta nella versione giovane e piacevolmente amabile, da accostare a dolci con miele o pasta di mandorle, oppure nelle versioni secche più evolute, con affinamenti talvolta in botti scolme, in grado di arricchire ulteriormente il corredo aromatico. Questa tipologia può essere felicemente accostata ad amaretti e dolci a base di frutta secca. 
Inoltrandoci ancora verso mezzogiorno troviamo Oristano, patria elettiva del vitigno vernaccia, che in alcuni casi viene vinificato in versione dolce ma, per tradizione, è giustamente conosciuto nella versione secca elevata in botti scolme. Un sistema di vinificazione che abbiamo già incontrato per alcune versioni della Malvasia di Bosa e che è in grado di conferire al prodotto quei particolarissimi caratteri ossidativi che marcano in maniera decisa il quadro aromatico e gustativo di questo vino antico e fortemente territoriale. Produttori storici ci regalano vini in grado di sposare al meglio amarettos, pabassinos e i “conterranei” mustaciolos.
L’estremità sud-occidentale dell’isola, il Sulcis, è l’area privilegiata per la coltivazione del carignano, grande vitigno che nella versione passita dà vita a vini estremamente interessanti, perfetti in abbinamento a dolci con sapa/saba e frutta secca. 
In tutta l’area della provincia “storica” di Cagliari, grande importanza ha sempre rivestito la coltivazione dei vitigni da utilizzare per la produzione dei vini da dessert. Si va dai bianchi aromatici moscato e malvasia al semi-aromatico nasco, vitigno autoctono da cui si ottengono alcune grandi eccellenze isolane che si esaltano in abbinamento a dolci con pasta di mandorle, miele o frutta secca. Nell’area di Cagliari era molto utilizzato anche il girò, vitigno a bacca rossa purtroppo quasi scomparso, da cui si ottiene un vino dolce profumato e beverino, perfetto accostato a dolci con marmellata di frutti rossi o sapa/saba. 
Risalendo verso l’Ogliastra e il Nuorese incontriamo un’area vocatissima per la coltivazione del cannonau che, in alcune riuscite versioni passite, diventa felice complemento per dolci a base di sapa/saba e frutta secca. 
Il giro virtuale attraverso l’isola è terminato: il nostro auspicio è di aver fornito ai lettori alcune linee guida utili per la scelta del vino più indicato ad accompagnare i tanti ottimi dolci sardi, mirabilmente raccontati su queste pagine da Giovanni Fancello. Il tutto nel solco di una reciproca opera di sostegno e valorizzazione di tutte queste eccellenze dell’agro-alimentare sardo.