Maso Martis e la realtà spumantistica del Trento DOC

Maso Martis e la realtà spumantistica del Trento DOC

Nato nel 1984, l’Istituto Trento DOC segna una tappa fondamentale nella storia recente dello spumante metodo classico in Trentino, a coronamento di una storia secolare che parte dalle intuizioni e dalle sperimentazioni di un uomo appassionato e colto, curioso ed ostinato, ma soprattutto innamorato della sua terra, Giulio Ferrari, che fa datare 1902 l’inizio della spumantistica trentina. Il 1993 vede il riconoscimento ufficiale della D.O.C. con la stesura del disciplinare di produzione; la creazione del marchio nel 2007 dà il suggello definitivo alle operazioni di marketing che hanno portato a 40 le adesioni delle case spumantistiche trentine all’Istituto Trento DOC.

La particolarità dello spumante trentino sta nelle caratteristiche territoriali e climatiche, e infatti la definizione di Spumante di Montagna è sicuramente una formula vincente per promuovere le etichette trentine. La superficie vitata conta un totale di 10.000 ha (appena il 2% del totale in Italia) con una percentuale di uva base spumante pari all’8% e una produzione totale annua di 8 milioni di bottiglie. I vigneti trentini si spingono sino a 800 m di quota in un clima continentale caratterizzato da inverni lunghi e rigidi, estati calde e poco piovose ma soprattutto da grandi escursioni termiche giornaliere nel periodo fenologico tra l’invaiatura e la vendemmia. Si aggiungono i terreni a giacitura collinare il cui drenaggio è garantito da una struttura grossolana con una matrice a dominanza calcarea (dolomitica). Tutti elementi che il giovane Giulio Ferrari, allievo dell’Istituto Agrario di San Michele, aveva studiato a fondo individuando tratti di somiglianza con la Champagne dove si era recato per un periodo di stage. Aveva in particolare notato delle affinità con la zona della Côte de Blancs e infatti era partito con lo chardonnay di cui iniziò a separare i cloni dal pinot bianco col quale era confuso nell’appellativo generico di borgogna bianco. Retaggio delle intuizioni e delle sperimentazioni di Giulio Ferrari, ancora oggi la caratteristica del Trento DOC è la prevalenza dello chardonnay nelle basi spumantistiche. Con straordinario intuito da enologo Giulio Ferrari incominciò a lavorare e ad attrezzarsi per produrre vino spumante come aveva visto fare in Champagne finché nel 1902 uscirono le prime 300 bottiglie firmate Ferrari e nei successivi cinquant’anni arrivò a 10.000 in un crescendo di successi basati sempre su un unico imperativo categorico: la qualità.

Grande contributo alla viticoltura trentina viene dall’ex Istituto Agrario di San Michele, oggi Fondazione Edmund Mach, che ha avuto un ruolo determinante nella formazione di tecnici vitivinicoli, nella promozione della ricerca, nel sostegno dato alle aziende con il continuo lavoro di sperimentazione e di studio, in particolare con l’istituzione di un master universitario di primo livello che assume un ruolo fondamentale nella diffusione dello spumante trentino nel mondo.

Incontri e degustazioni: Antonio Stelzer di Maso Martis

A Nord-Est di Trento, ai piedi del Monte Calino, 450 m di quota, si trova Maso Martis, azienda agricola nata nel 1990 con l’idea precisa di produrre spumante metodo classico. Antonio e Roberta Stelzer curano personalmente i 12 ettari di vigneto che circonda a 360° la loro abitazione; per la maggior parte è pinot nero, poi chardonnay e piccole percentuali di pinot meunier; il sistema di allevamento è quello tradizionale della pergola trentina, nella parte più antica che ha circa 30 anni, mentre i nuovi impianti sono a spalliera con potatura a guyot. Dalla vendemmia 2003 l’azienda ha ottenuto la certificazione biologica ICEA per il vigneto e per la cantina. Ad accogliermi è Antonio, e si vede che ha voglia di raccontarmi la sua storia, che è poi la storia dei suoi vini e quando gli chiedo quali siano i tratti distintivi del suo spumante mi risponde “piacevolezza ed equilibrio” e la risposta è accompagnata da uno sguardo ai vigneti che sono lì, davanti al piazzale del Maso, dove è venuto ad accogliermi e si illumina quando gli chiedo se è possibile visitarli e raccontarmi qualcosa dei suoi vini mentre passeggiamo tra i filari.

Per piacevolezza intendo un vino che rispecchi il territorio e noi che lo facciamo, mentre per equilibrio intendo una struttura importante, che riempia il palato soprattutto; il naso deve essere elegante ma al tempo stesso sobrio, non amo i vini troppo profumati; i profumi devono essere coerenti con ciò che poi sentirà il palato, solo in questo modo il vino sarà armonico e coerente.

Gli spumanti di Maso Martis si contraddistinguono per la dominanza del pinot nero nella cuvée (70%); questa è una zona particolarmente vocata per il “capriccioso” pinot nero, il monte Calino crea una sorta di anfiteatro naturale creando condizioni climatiche favorevoli, il resto lo fa il terreno calcareo, ricco di scheletro e roccia rossa trentina, una roccia sedimentaria di origine pelagica formatasi nel Giurassico superiore. Ma è il lavoro dell’uomo a rendere inconfondibile un vino:

quello che ho imparato in questi trent’anni di attività è che non bisogna mai forzare la natura e i suoi tempi, aspetto con pazienza l’epoca giusta della vendemmia, in cantina cerco sempre di aspettare il momento favorevole per i travasi, per il tiraggio soprattutto. Quello del tiraggio è il momento più importante di tutto il processo produttivo. Quando la cuvée è pronta e lo sciroppo è stato dosato, è di vitale importanza che la seconda fermentazione parta velocemente, perciò è fondamentale cogliere l’attimo, appena la primavera regala temperature più miti sciogliendo i vini e l’ambiente dalla stretta pungente del freddo invernale. E’ preferibile un grado in più che in meno, se la fermentazione dovesse bloccarsi o rallentare il risultato non sarebbe più lo stesso e la qualità precipiterebbe.

Il tiraggio parte alla fine di marzo e prosegue sino a maggio inoltrato. La cuvée è pronta: il pinot nero ha fermentato in acciaio e non ha fatto la malolattica, lo chardonnay invece ha fermentato in barrique (dal 2° fino al 6° passaggio) e ha fatto la fermentazione malolattica; anche un 10% di pinot meunier per dare morbidezza e gradevolezza al palato, ma è più un vezzo, una questione di affetto nei confronti di un vitigno che stava per scomparire e che oggi in tanti stanno rivalutando dopo aver resistito alla tentazione di espiantarne gli ultimi ceppi rimasti nei vecchi vigneti. Si arriva così al momento magico dell’affinamento sui lieviti, prima le bottiglie vengono accatastate in bancali per 20 mesi circa, ma molte bottiglie aspettano anche 8 anni prima di passare alla pupitre per il remuage. Durante il mio viaggio di cantina in cantina, il momento più affascinante è stato la visita dello spazio dedicato alle pupitres, ne ho visti di straordinari, scavati nella roccia, nelle segrete di antichi palazzi signorili, in tunnel lunghi e stretti, ma qui a Maso Martis la magia sembra caricarsi di un fascino ancora più grande, forse perché lo spazio è piccolo e le luci sono soffuse e di un azzurrognolo che crea atmosfera. Il remuage è eseguito a mano, bottiglia dopo bottiglia da Antonio che le conosce una per una (la produzione di Maso Martis è di circa 50.000 bottiglie all’anno).

Trento DOC, Brut Riserva Millesimato 2007

vitigni: pinot nero 70%, chardonnay 30%

densità di impianto: 5.000 ceppi per ettaro

coltivazione: potatura corta, concimazione organica a turno biennale/triennale, lavorazione del terreno con sovescio a filari alterni; irrigazione solo di soccorso.

vinificazione: viene eseguita una vendemmia manuale in piccole casse; segue una pressatura soffice delle uve di chardonnay e di pinot nero, lavorate separatamente: il pinot nero viene vinificato solo in acciaio mentre lo chardonnay fermenta e affina in barriques per circa 8 mesi prima del tiraggio al quale segue l’imbottigliamento con l’aggiunta di lieviti selezionati. Dopo una permanenza sui lieviti per un periodo di circa 52/60 mesi, viene eseguito il remuage manuale e quindi la sboccatura e il confezionamento.

La parola al bicchiere

Nel bicchiere si presenta con un giallo paglierino carico; la mescita genera una spuma piuttosto alta nel picco della mussabilité, che lascia il posto ad una serie di catenelle fini e persistenti. Il naso è avvolgente, i riconoscimenti sono di frutta matura e di fiori gialli, note di miele e sentori agrumati. In bocca è fresco e conferma le note agrumate già percepite al naso; grande struttura e grande personalità. La PAI chiude su note di scorza d’arancia e pompelmo con finale leggermente ammandorlato.