Montello, questo sconosciuto. Il racconto suggestivo della “Serafini & Vidotto”

Montello, questo sconosciuto. Il racconto suggestivo della “Serafini & Vidotto”

Se dietro un vino c’è spesso la storia di una famiglia, ebbene, anche due amici possono, insieme, dare vita a uno straordinario progetto vinicolo. Se poi lì vicino a loro vive un grande appassionato di vino e sommelier AIS, che segue l’evoluzione del loro impegno giorno dopo giorno, il risultato non può che essere di grande qualità.

Quella che vi raccontiamo è la storia di due amicizie. La prima, quella tra Francesco Serafini e Antonello Vidotto, iniziata all’età di quindici anni, che nel 1986 ha dato origine a una coraggiosa idea imprenditoriale: l’azienda vinicola “Serafini & Vidotto”. La seconda è l’amicizia tra Serafini e Eddy Furlan, Presidente Emerito e stimatissimo sommelier AIS, che in una serata organizzata dalla Delegazione di Cagliari qualche settimana fa, ha permesso di approfondire la conoscenza su un territorio, quello del Montello, da sempre vocato alla produzione di vini rossi.

Ci troviamo esattamente a Nervesa della Battaglia, a metà strada tra i due giganti del Prosecco, Asolo e Conegliano. In questo spazio, dove sembra non esserci speranza commerciale per nessun altro vitigno se non la glera, Francesco e Antonello credono invece fortemente nel potenziale di questa piccola collina, così diversa rispetto alle altre confinanti, sia per struttura del suolo, fortemente minerale, sia per la stretta vicinanza al Piave, e decidono di investire qui tempo e competenze.

Dal punto di vista climatico la zona ha un’esposizione est – ovest, quindi soleggiata durante tutto l’arco della giornata, e il Piave, con il suo scorrere impetuoso, contrasta lo sviluppo di malattie fungine. I vitigni di riferimento sono soprattutto cabernet sauvignon, cabernet franc e merlot che, sebbene internazionali, abitano il territorio da così tanti decenni da potersi considerare ormai “locali”. Non mancano tuttavia vitigni a bacca bianca, marchiati dalla forte identità di questo territorio.

La serata inizia con un brindisi, per l’appunto, all’amicizia.

Bollicine di Prosecco, Asolo DOCG, 2017

Nel Montello si produce Prosecco non per completare un panorama di vini da proporre, ma perché qui il Prosecco si differenzia nettamente. La DOCG è Asolo, ma queste uve provengono tutte dalla collina del Montello. Oltre ai profumi varietali, insiti nella genetica del vitigno, ciò che rende unico questo particolare Prosecco è la sua struttura, imponente, anomala per questa tipologia di vino, sostenuta da una grande mineralità. Il perché è da ricercare nella natura del suolo rosso del Montello, ricco di ferro e minerali.

La scalata verso i grandi rossi della “Serafini&Vidotto” inizia in realtà da un bianco. La passione dei due amici per i grandi Riesling della Mosella li porta a progettare un bianco dal forte carattere autoctono, ma ispirato alla finezza di quei territori.

Montello – Colli Asolani, Manzoni Bianco DOC, 2017

Questo Incrocio Manzoni 6.0.13, frutto di genitori nordici, papà riesling e mamma pinot bianco (o viceversa), ci ricorda nei profumi il suo DNA: note fruttate fresche di ananas e mela verde, sentori vegetali di basilico. Ma c’è in lui anche il forte carattere del Montello: la potenza della sua mineralità lo lega coerentemente al precedente prosecco, pur esprimendosi in note già più evolute di pietra focaia e gesso. La parte morbida del vino è data dalla moderata ma ben incastonata dotazione alcolica, oltre che dalla componente glicerica. Bellissima complessità, e ancora ampi margini di crescita per questo esperimento figlio di vigne ancora molto giovani.

“Adesso vi dico due cose su ‘sta roba qua. La chiamo così perché è mia”. Con queste parole, e con un esilarante accento trevigiano, Francesco Serafini introduce la sua Recantina.

Montello – Colli Asolani Recantina Rosso DOC, 2017

Questo vino nasce dall’esigenza di dare delle risposte. Da una parte a chi pensava che la Serafini&Vidotto lavorasse esclusivamente vitigni internazionali, dall’altra al vitigno stesso, autoctono, a cui nessuno fino a quel momento era stato in grado di dare piena dignità e riconoscimento.

Con questo vino l’azienda riceve quello che per Francesco Serafini è “il premio più bello in trentadue anni”: il premio Sole di Veronelli. Un premio non in centesimi, ma di valenza culturale, di riconoscimento alla tenacia e all’impegno di chi si prodiga per arricchire il territorio di biodiversità e originalità.

Il grappolo di recantina è molto compatto e affinché non si formino muffe è necessaria una terra che non trattenga eccessiva umidità. Per questa sua caratteristica, è stata a lungo abbandonata dai vignaioli.

E’ un vitigno con un’aromaticità e un’acidità esuberanti, un “gentiluomo di campagna non ancora pronto per certi salotti”, come la definisce Serafini, ma carico di emotività e profumi. I suoi tannini sono fini. Vinificato solo in acciaio, lo scopo è quello di esaltare il suo colore, rubino luminoso vivace, e i suoi profumi di piccoli frutti freschi, nonché le sue note di speziatura fresca.

100% recantina: un razza pura, “un razza Piave!”

C’è poi un vino, si chiama “Rosso dell’Abazia”. Il suo nome deriva dalla presenza, in prossimità dei vigneti, delle rovine dell’Abazia di Sant’Eustachio, un antico monastero benedettino dell’XI secolo.

L’idea dell’azienda, con questo vino, era quella di valicare i confini nazionali e andare nel mondo. Come farlo in modo da portare con sé, insieme alla qualità, anche l’idea del territorio di provenienza? Si ascolta il suolo, vocato storicamente alla produzione di vitigni a bacca rossa, si definisce un’idea precisa di ciò che si vuole creare in termini di consistenza, profumi, carattere e persistenza. Si opta quindi per un taglio bordolese, dove ogni clone viene allevato e vinificato separatamente, affinché da solo acquisti la sua identità, e solo dopo sia in grado di conferirla ai compagni di squadra, per un risultato vincente.

Rosso dell’Abazia, Montello – Colli Asolani Rosso DOC, 2011

Annata inverosimile, come qualsiasi produttore di vino la immaginerebbe: sole e pioggia al tempo giusto, tempi di vendemmia come da aspettative.

Nel calice, tonalità calda, un granato ancora vivace. Profumi ampi, c’è tutto quello che si richiede a un vino rosso da evoluzione. Frutta macerata, note tostate, vanigliate, speziate. Balsamico.

Al palato si distingue la sapidità, che, anche qui, sostiene i sapori del vino, intensi, persistenti, anche in bocca, equilibrati. I tannini sono il suo capolavoro: decisi, presenti, ma levigati, contribuiscono all’equilibrio finale.

Rosso dell’Abazia, Montello e Colli Asolani Rosso DOC, 2003

Annata siccitosa, ha causato la morte di numerose viti. La raccolta è stata ridotta, seppur di grande qualità.

L’aspetto del vino è omogeneamente granato, ma non stanco. All’olfatto si confermano le note del 2011, con una nota di agrumi disidratati e fiori appassiti, risultato probabilmente dell’annata particolarmente calda. I tannini restano, ma come nel 2011 non graffiano, piuttosto accarezzano. La freschezza e il corpo tengono in piedi questo vino di quindici anni, che si può definire maturo, perché è piacevole degustare un grande vino rosso con questi profumi e questa struttura, ma che ha ancora diversi anni davanti a sé.

“Vuoi dire qualcosa sul 1998?”, chiede Eddy Furlan a Francesco Serafini. Gli sguardi dei due amici si incrociano e sui loro visi spunta un sorriso, un secondo di pausa lungo un anno di ricordi, e si cambia registro, perché il 1998 è davvero un’annata particolare, che segue un grave incidente, e un po’ per scaramanzia è quindi considerata un’annata di cambiamento: più cabernet sauvignon nel blend, cambio della bottiglia, nuova etichetta.

Rosso dell’Abazia, Montello – Colli Asolani Rosso DOC, 1998

Granato, quasi aranciato. Profumi esuberanti, piccoli frutti di bosco, amarene. Spezie importanti come il chiodo di garofano, e foglie di tabacco essiccate, terra, sottobosco: l’evoluzione è davvero importante, contiene tutto il mondo dei profumi terziari.

Nonostante i suoi vent’anni, al palato il vino è ancora vivo, ha una bella sapidità, un’accentuata nota alcolica, che lo trascina verso carezze di morbidezza. Ma sono i tannini la vera impalcatura di questo grande vino.

A proposito di annate che hanno lasciato il segno, la 2014 è sicuramente quella che si ricorderà con maggiore emozione. Fredda e devastante per tutta l’Italia, non ha risparmiato il Montello. Qui, una sera di maggio, una grandinata di un’ora e mezza ha distrutto oltre il cinquanta percento della vendemmia. Il Rosso dell’Abazia 2014 non uscirà, avrebbe caratteristiche troppo diverse. Al suo posto ci sarà un vino unico, con un’etichetta tutta sua, senza anno, No Vintage. Fermentazione alcolica e malolattica in barrique di primo passaggio. 100% legno nuovo, perché se è vero che il legno nobilita le fatiche della natura, queste uve, deboli e sfiancate, necessitavano della carezza del legno più di tutte le altre. E’ un vino che va gustato adesso. Tra quattro anni sarà bellissimo. Se dura vent’anni, stupirà.

Questo vino si chiama “Phi 20 anni”, e qualcuno in Francia lo ha definito “sublime”.

Che il vino non sia solo tecnica, ma anche anima, racconto e capacità di emozionare si sa, ma Francesco Serafini e Eddy Furlan, insieme, ce lo hanno confermato ancora una volta.