I Re del Piemonte

I Re del Piemonte

Il seminarioI Re del Piemonte”, tenutosi lo scorso 14 Novembre a Oristano, è stato un vero e proprio percorso nella storia di una delle regioni vitivinicole più importanti d’Italia e del mondo, condotto dal giovane e preparatissimo Altai Garin (valdostano ma ormai sardo d’adozione).

Nel corso della serata si è giocato sui parallelismi tra i produttori vitivinicoli che hanno determinato il successo dei vini piemontesi, e alcuni tra i personaggi e gli artisti più influenti della storia, passando attraverso risvolti sociali e politici di grande rilevanza.

Pronti, via! Ecco che già il primo vino ci lascia a bocca aperta: Asti DOCG Metodo Classico dei Fratelli Gancia, ottenuto da uve moscato. Per molti presenti in sala è il primo approccio a un Metodo Classico da uve moscato, e la sorpresa è piacevolissima: bollicina elegante, dal profilo olfattivo fragrante e intenso e una bevuta ricca, avvolgente e persistente. Ora ha inizio il gioco dei parallelismi con i personaggi storici: qui dapprima con Carlo Gancia che, importando dalla Francia le maestranze esperte in lavorazioni spumantistiche, dà vita al primo Metodo Classico italiano cambiando le sorti dell’enologia nazionale, e subito dopo con Lucio Fontana che ha cambiato il mondo dell’arte contemporanea con i suoi “tagli” nelle tele.

Il secondo vino in degustazione è uno dei simboli indiscussi del territorio piemontese. Il produttore è Walter Massa, vignaiolo indipendente e coraggioso, considerato da tutti padre e pioniere del Timorasso. Il vino in degustazione è il suo “cru” Montecitorio, che rispecchia appieno le caratteristiche di questo vitigno e del suo territorio: complessità, profondità, struttura e grande longevità. Il parallelismo stavolta è con Don Rosa, autore e disegnatore di fumetti Disney, ideatore del personaggio di Paperon de’ Paperoni, un cercatore d’oro del Klondike che basa tutte le sue fortune sulla prima moneta d’oro trovata, la famosa “numero uno”. Come zio Paperone, così Walter Massa basa la sua storia sul Timorasso, credendo fortemente nel suo grande potenziale.

Il terzo vino in degustazione Altai lo definisce “il migliore Gavi del mondo, che non è un Gavi.” Infatti il produttore, Stefano Bellotti, vignaiolo eclettico, dal 2015 ha deciso di abbandonare la DOC Gavi per le sue produzioni, restando tuttavia fedele al vitigno. L’“IVAG” (palindromo di GAVI), è un cortese di grande complessità aromatica, sapido e fresco, avvolgente e persistente.

Bellissimo il parallelismo con Fabrizio De Andrè, di cui in sala si è potuto godere un sottofondo musicale tratto dal suo brano “Canto del servo pastore”. De Andrè e Bellotti condividono le origini – entrambi sono figli della ricca borghesia genovese – ed entrambi hanno sposato una filosofia di vita originale e creativa, fuori dagli schemi.

Passiamo ai rossi, e assaggiamo un altro grande simbolo dell’enologia piemontese: il Bricco dell’Uccellone di Braida. La sua Barbera si presenta con un ampio spettro olfattivo, giocato sulle note morbide di frutta scura in confettura e sulle tipiche spezie dolci e freschezza del varietale. L’assaggio denota un tannino rotondo e il sorso è intenso, morbido e persistente. La figura del suo produttore, Giacomo Bologna, viene affiancata a quella di Antonio Gramsci: a unire i due personaggi un forte sentimento “rivoluzionario”. Bologna, infatti, rivoluziona completamente il concetto di Barbera, che fino alla prima metà degli anni ‘80 era visto come vino semplice e quotidiano, indebolito ulteriormente dallo scandalo del Metanolo, portandolo a vestire i panni del grande vino apprezzato dai mercati internazionali.

Il seminario non può che concludersi con il “Re” dei vini, il Barolo, e con il racconto delle vicissitudini che nella seconda metà del secolo scorso lo hanno visto protagonista di un acceso dibattito attorno alla necessità di conservarne la “tradizionalità”, oppure sperimentare un approccio produttivo più “modernista”. I vini in degustazione raccontano queste due diverse correnti di pensiero e stili di produzione differenti: il Barolo “modernista” di Elio Altare si presenta prorompente di frutto e spezie al naso, il sorso è rotondo e pieno, con un tannino giovane e morbido, mentre il Barolo di Bartolo Mascarello, più tradizionalista, ha un profilo olfattivo di grande eleganza con note terziarie e spezie dolci, vellutato all’assaggio, equilibrato, con una trama tannica di grande finezza che gli dona piacevolezza e persistenza.

Per il Barolo scomodiamo il grande filosofo dell’Ottocento Hegel, che nella sua Fenomenologia dello Spirito supera la tradizione filosofica aristotelica, proponendo una lettura nuova e dinamica della realtà, governata dal principio della dialettica.

Un doveroso e grande grazie va ad Altai per la sua preparazione e la sua passione nel condividere il suo sapere, e ad AIS Oristano per aver organizzato un grande evento in maniera impeccabile e piacevole.