da Redazione | Apr 10, 2021 | Articoli, Laboratori, Senza categoria
Giovedì 22 aprile, come preannunciato, si terrà il secondo appuntamento con Massimo Castellani dedicato alla Toscana.
Dopo l’esauriente panoramica sul mondo enologico toscano offerta nel primo incontro, concentreremo la nostra attenzione su una delle denominazioni storiche della regione: il Carmignano.
Un territorio di consolidata tradizione enologica nel quale i vitigni cosiddetti internazionali sono comparsi ben prima degli anni ’80 e quindi dell’avvento dei blasonati Supertuscans. Carmignano infatti vanta una tradizione vinicola di oltre trecento anni; ottenne la Doc nel 1975 e fu tra i primi vini italiani, nel 1990, a vedersi riconosciuta la Docg.
L’appuntamento sarà integrato da una degustazione guidata per la quale abbiamo scelto un’etichetta di indiscusso pregio, che rappresenta una delle interpretazioni più moderne della tipologia: PIAGGIA Carmignano Docg Riserva 2017 prodotto dall’Azienda Piaggia di Silvia Vannucci.

Tutti gli iscritti riceveranno pertanto una bottiglia di questa prestigiosa etichetta che ha ottenuto la valutazione massima delle quattro viti nella Guida Vitae 2021.
Per contenere le spese di spedizione abbiamo pensato di creare dei centri di consegna presso le due Delegazioni dalle quali statisticamente pervengono le maggiori adesioni: Cagliari e Sassari. Chiederemo pertanto la collaborazione degli iscritti ivi residenti i quali dovranno ritirare la bottiglia nelle sedi che indicheremo in seguito, mentre gli altri iscritti la riceveranno presso l’indirizzo indicato nel modulo di iscrizione. A tal fine raccomandiamo a coloro che fossero interessati, e in particolare ai “fuori sede”, di provvedere appena possibile all’iscrizione così da consentirci il tempestivo recapito della bottiglia.
Per esigenze logistiche dettate anche dall’emergenza sanitaria in atto, le iscrizioni dovranno pervenire improrogabilmente entro giovedì 15 aprile.
L’incontro si terrà online sulla piattaforma Zoom con inizio del collegamento previsto per le ore 19:15; sarà aperto in via preferenziale ai soci AIS e, nei limiti della capienza tecnica, anche a non soci che fossero interessati all’argomento.
Nonostante il valore della bottiglia, grazie anche alla disponibilità del produttore, siamo riusciti a contenere la quota di iscrizione in € 35,00 per i soci ed € 45,00 per i non soci mentre l’Associazione si farà carico delle spese di spedizione. Coloro che non fossero interessati alla degustazione potranno comunque iscriversi all’evento, nel limite di 30 posti, versando la quota di € 10,00.
I posti disponibili sono complessivamente 90 ma solo 60 iscritti potranno usufruire della degustazione.

da Redazione | Mar 29, 2021 | Articoli, Laboratori, Senza categoria
Giovedì 8 aprile daremo avvio a una serie di incontri con i quali ci proponiamo di coinvolgere i nostri associati nell’aggiornamento della conoscenza di alcune tra le più significative realtà vinicole nazionali e internazionali e nell’approfondimento di alcuni temi che attengono alle competenze del sommelier.
Il primo appuntamento avrà come protagonista Massimo Castellani, che tutti conosciamo come fine degustatore e qualificato relatore; a lui abbiamo chiesto di proporci una lettura critica aggiornata della Toscana vitivinicola, descrivendoci lo scenario attuale, lo stato di salute delle principali denominazioni di origine, le realtà emergenti e le nuove tendenze di una tra le più importanti regioni vitivinicole italiane.
Sarà per tutti noi l’occasione per prepararci a un prossimo incontro, già programmato per la seconda metà di aprile e al quale stiamo lavorando, che avrà come tema una delle storiche denominazioni toscane e che prevederà anche la degustazione di una etichetta rappresentativa del territorio.
L’incontro si terrà online sulla piattaforma Zoom con inizio del collegamento previsto per le ore 19:15; sarà aperto in via preferenziale ai soci AIS e, nei limiti della capienza tecnica, anche a non soci che fossero interessati all’argomento.

da Giorgio Demuru - Delegazione Sassari | Mar 30, 2020 | 2020, Il bicchiere mezzo pieno, Senza categoria
In Sardegna il termine Vernaccia evoca un’esperienza sensoriale unica, dettata dal fascino di un vino identitario come la Vernaccia di Oristano. Il termine vernaccia, però, è uno dei più generici nel mondo del vino, perché deriva dal nome (vernaculum) che i Romani attribuivano ai nuovi vitigni incontrati via via nei territori su cui si espandeva il loro dominio. Per cui esistono vari vitigni così denominati (in Sardegna, appunto, vernaccia di Oristano), alcuni a bacca rossa, come la vernaccia di Serrapetrona e altri, come la schiava, che mantengono il nome vernatsch nella versione in lingua tedesca. Qui però parliamo della Vernaccia di San Gimignano, un vino di grande tradizione che ha lasciato traccia anche nei testi di alcuni classici della letteratura italiana come Dante e Boccaccio. Si tratta di un vino bianco ottenuto dal vitigno omonimo (proveniente, secondo alcuni, dalla Liguria) che è riuscito a farsi spazio in una terra tradizionalmente rossista come la Toscana, tanto da essere in assoluto il primo vino italiano ad ottenere la DOC, nel 1966, divenuta in seguito DOCG nel 1993. Al 1972 risale la nascita del locale Consorzio di tutela che vanta attualmente oltre 200 produttori affiliati e che ha dato il via allo studio sulla zonazione, individuando cinque areali capaci di conferire caratteristiche peculiari alla propria produzione: Pancole, Poggio del Comune, Santa Lucia, Pietrafitta e San Benedetto-Ugliano.
A Pancole, piccola frazione a soli 6 km dall’abitato di San Gimignano, ha sede l’azienda Cesani e qui dimorano gran parte dei vigneti. Fondata come azienda agricola nel 1950 dal marchigiano d’origine Guido Cesani, insieme alla moglie Annunziata, col passaggio di mano al figlio Vittorio la produzione si è concentrata principalmente sulla coltivazione di viti e ulivi. Vittorio Cesani è tuttora a capo dell’azienda insieme alle figlie Letizia e Marialuisa. Gli ettari vitati, in regime biologico certificato, sono circa 26, per una produzione media annuale che ammonta a 130.000 bottiglie ed è incentrata principalmente sulla Vernaccia di San Gimignano, declinata in alcune etichette espressione delle diverse vigne, oltre a importanti vini rossi, a base sangiovese, colorino e merlot, provenienti dal vigneto di Còllole. Ho avuto modo di degustare il top di gamma Vernaccia di San Gimignano Sanice Riserva 2016, un vino prodotto per la prima volta nel 1995 e che per lungo tempo è stato vinificato con l’utilizzo del legno. Negli ultimi anni, per volontà di Letizia Cesani, si è deciso di utilizzare solo l’acciaio. Le uve del Sanice (anagramma del marchio aziendale, Cesani) provengono dal vigneto di Pancole, su terreni calcarei situati a 300 metri slm ed esposti ad est, ricchi di fossili marini. La vendemmia avviene nell’ultima settimana di settembre, la fermentazione in vasche di acciaio inox dove la massa permane sui lieviti per 12 mesi. Segue un lungo affinamento in bottiglia di circa due anni, durante i quali questa Vernaccia ha modo di costruirsi un bagaglio organolettico di grande spessore. Questa etichetta, negli ultimi anni, ha fatto incetta di premi e riconoscimenti da parte della critica e della pubblicistica; addirittura, nell’ultima edizione della nostra Guida Vitae, ha messo insieme sia le 4 viti, simbolo dell’eccellenza, sia il riconoscimento di “Vino Cupido”.
Un luminosissimo paglierino carico con sfumature dorate introduce l’analisi di questo vino che presenta un corredo olfattivo elegante e sfaccettato. Alle iniziali note agrumate di lime e mandarino si affiancano in successione sentori di mela verde, ginestra e rosmarino arricchiti da rimandi di miele e ginger, da nette percezioni iodate e da una delicata speziatura di pepe bianco. L’ assaggio è contraddistinto da una elegante e decisa sapidità che, nel lungo percorso gustativo, si intreccia con le setose note alcolico-gliceriche rinvigorite da una vibrante freschezza. Una lunga chiusura con i ritorni di miele e agrumi completa il quadro. Nonostante l’etichetta dichiari il millesimo 2016, l’impronta è ancora giovanile e lascia intravedere buone potenzialità evolutive. Perfetto accanto a primi piatti conditi con ragù bianchi di carne.
da Giorgio Demuru - Delegazione Sassari | Mar 20, 2020 | 2020, Il bicchiere mezzo pieno
Carmignano è senza dubbio uno degli areali storici dell’enografia italiana. Qui la viticoltura era praticata già in epoca preromana ed esistono documenti notarili attestanti la produzione vitivinicola fin dal 1300. Nel 1716 venne inserita da Cosimo III de’ Medici nel Bando Granducale che delimitava le quattro zone toscane in cui venivano prodotti i vini di qualità, insieme a Chianti, Pomino e Val d’Arno di Sopra. Nel corso del tempo ha perso un po’ questa supremazia, soprattutto agli inizi del XX secolo, finendo per essere “fagocitata” dal Chianti, nello specifico dalla sottozona Montalbano. Fu Ugo Contini Bonacossi, proprietario dell’azienda Capezzana, a porsi a capo dei viticoltori del luogo e a condurre una lunga battaglia che portò all’affrancamento del Carmignano dal Chianti, restituendo a questa denominazione il blasone perduto e riuscendo così a ottenere la DOC autonoma nel 1975 e la DOCG nel 1990. L’areale della DOCG comprende i comuni di Carmignano e Poggio a Caiano, in provincia di Prato. Il disciplinare è stato il primo a prevedere l’utilizzo, in blend con sangiovese e canaiolo (oramai usato molto raramente), del cabernet sauvignon, presente nel vigneto di Carmignano fin dai tempi di Caterina de’ Medici, con il nome di “uva francesca o francesa”. Si potrebbe quindi dire che il Carmignano sia stato il precursore di tutti i futuri Supertuscan.
L’azienda Capezzana è una delle più antiche di questo areale, essendo stata fondata nientemeno che nell’anno 804 d.C. e, dopo diversi cambi di proprietà nel corso dei secoli, dal 1920 è passata stabilmente nelle mani della famiglia Contini Bonacossi. La coltivazione delle uve avviene in regime biologico certificato e, in fase di vinificazione, dal 2013 vengono utilizzati unicamente lieviti indigeni. La produzione (500.000 bottiglie da una superficie vitata di un centinaio di ettari) è incentrata sul Carmignano DOCG, ma riscuotono sempre grandi apprezzamenti anche il Vin Santo di Carmignano DOC e il bianco IGT a base trebbiano, oltre alle etichette ottenute da assemblaggi di vitigni alloctoni. Ho avuto modo si degustare recentemente il Carmignano Villa di Capezzana 2013, trovandolo in splendida forma. Questa è l’etichetta storica dell’azienda, tanto che nella riserva di famiglia sono presenti alcune bottiglie della vendemmia 1925.
Ottenuto da uve sangiovese per l’80% e cabernet sauvignon per il 20% , fermenta in vasche inox con macerazione sulle bucce di un paio di settimane prima della svinatura. Il 70% della massa matura in tonneau per un anno, il restante 30% in botti grandi per sedici mesi, dopodiché segue un affinamento in bottiglia per ulteriori 12 mesi. La veste è di un vivace rubino con qualche riflesso che vira sul granato, con una massa colorante di densità medio-alta. L’ingresso al naso è a tinte cupe, con more, viole e chiodi di garofano in prima battuta. Con l’ossigenazione il bouquet si arricchisce, evidenziando sentori di tabacco da pipa, cuoio e una nota balsamica sempre più decisa, su toni mentolati. All’assaggio stupisce per la freschezza, davvero invitante. La componente tannica, di ottima fattura, rafforza il corredo delle durezze disegnando un percorso gustativo comunque di buon equilibrio. Un sorso deciso ma agile che chiude coerentemente sul binomio speziato-balsamico. Un bicchiere che chiama a gran voce l’accompagnamento di carni alla brace o, in alternativa, formaggi di media stagionatura.
da Antonio Massaiu - Delegazione Nuoro | Mar 14, 2020 | 2020, Il bicchiere mezzo pieno
Panzano è un piccolo borgo dal vago sapore medievale immerso nel verde delle colline del Chianti. Oggi frazione di Greve in Chianti, in passato è stato a lungo conteso dalle opposte fazioni di Firenze e Siena le cui lotte hanno segnato le vicende di quei territori per diversi secoli.
Apparentemente un piccolo borgo tanto da non permettere di comprendere, a un osservatore poco attento, quali potessero essere le ragioni che tanto stuzzicarono le brame dei contendenti.
In realtà il versante meridionale della collina su cui si erge Panzano, digradando verso il torrente Pesa, rivela un piccolo tesoro: una valle concava, un anfiteatro naturale, che per la sua storica produttività altamente qualitativa fu denominata “la Conca d’Oro”. Pare che il toponimo sia stato originariamente attribuito per la coltura del grano che, nel periodo in cui le spighe sono in piena maturazione, donava al territorio un caratteristico colore dorato.
Oggi ricoperta di vigneti, la Conca d’Oro mantiene alta quella fama di coltura di altissima qualità; forse per il substrato costituito prevalentemente da terreni galestrosi o per una ben riuscita alchimia tra altitudine ed esposizione, si crea nella vallata un microclima ottimale, prevalentemente caldo e asciutto ma caratterizzato, con l’alternarsi del giorno e della notte, da ampie escursioni termiche che concentrano nei grappoli di sangiovese precursori aromatici che hanno reso celebri i vini prodotti in quel territorio.
In questo suggestivo territorio e con questi presupposti l’azienda Fontodi produce uno dei più ammalianti vini del Chianti: il Flaccianello della Pieve. Da vigne meticolosamente curate e impostate a guyot si selezionano i grappoli migliori da cui si ottiene un mosto di altissima qualità, degno della fama della Conca d’Oro. La fermentazione con macerazione avviene a opera di lieviti indigeni ed è condotta in tini d’acciaio a temperatura controllata. Il vino viene poi travasato in barrique di pregiato rovere di Tronçais e di Allier ove svolge la malolattica e riposa per ben 24 mesi.
Così nasce il Flaccianello, un vino importante che a suo modo ha saputo affascinarmi.
Note di degustazione.
È bastato stappare la bottiglia per sentirne, con effetto immediato, il profumo del vino pervadere tutta la stanza; mi ha fatto esclamare: cominciamo bene!
Nel calice il vino mostra un manto nobile e austero dal colore granato cupo, impenetrabile quasi a tinte noir. Si aggrappa al cristallo, si muove flemmatico e lezioso come se volesse farsi ammirare.
L’incipit olfattivo è un’esplosione floreale e fruttata. Viola e mirtillo in apertura. È uno scrigno di cose buone: vaniglia, macis, more di rovo, crème de cassis, tabacco biondo. Cenni mentolato-balsamici, note di anice stellato e crème brulée.
L’assaggio è altrettanto coinvolgente. Frutto bello, distinto e marcato. Tannino centrale, molto presente e molto piacevole, raffinato. Sapidità decisa, terragna, marcatamente ematica. L’acidità rilancia una dinamica del gusto in continua evoluzione che propone a ogni sorso nuove sorprese. Quando svuoti il calice ti senti appagato e ne vuoi ancora.
Grande struttura. Grande beva. Persistenza infinita.
Grande vino. Sangiovese all’ennesima potenza!
Questo Flaccianello è un vino che cerca le proteine, quelle nobili e pregiate dei bovini chianini, trovando il connubio perfetto con brasati e stracotti.