Sabato 7 novembre ha avuto inizio la 28a Rassegna dei Vini Novelli della Sardegna, organizzata dalla Pro Loco e dal Comune di Milis, con la collaborazione delle aziende produttrici e di AIS Sardegna.
Sabato 7 novembre ha avuto inizio la 28a Rassegna dei Vini Novelli della Sardegna, organizzata dalla Pro Loco e dal Comune di Milis, con la collaborazione delle aziende produttrici e di AIS Sardegna.
Nella mattinata di sabato, la sala riunioni dello storico Palazzo Boyl ha ospitato l’interessante Convegno dal titolo “Vino è civiltà – Archeologia e storia del vino nuragico”.
Il presidente di AIS Sardegna, Roberto Dessanti, in veste di moderatore, ha inizialmente dato la parola al collega Antonio Furesi che ha illustrato i risultati della commissione di degustazione dei vini novelli 2015 riunitasi, sempre a Milis, nel pomeriggio di giovedì 5 novembre. Nel ricordare la tendenza ormai consolidata negli ultimi anni, che vede la crescita qualitativa del prodotto inspiegabilmente penalizzata da una costante disaffezione da parte dei consumatori, Antonio Furesi ha posto l’accento sulla non casuale coincidenza tra qualità complessiva e alta – se non totale – percentuale di utilizzo di vino ottenuto con la macerazione carbonica. E qui si va a toccare un tasto dolente, perché da tempo AIS Sardegna ha sottolineato l’esigenza di dotarsi a livello locale (in presenza di una legge nazionale alquanto deficitaria) di un disciplinare di produzione unitario che, innalzando al massimo gli standard di tipicità e qualità, possa fungere da efficace strumento di rilancio, anche – e soprattutto – commerciale, del prodotto.
Nel dare inizio ai lavori del convegno, il presidente Dessanti ha sottolineato come, al giorno d’oggi, il comparto vitivinicolo abbia estrema necessità di figure che siano in grado di raccontare il vino attraverso una narrazione “totale” e multidisciplinare, che non si fermi al dato tecnico, ma sia in grado di inserire il “prodotto vino” in un contesto sociale, geografico e culturale che lo contraddistingua venendone, al tempo stesso, rappresentato. E una tale narrazione multidisciplinare non può che iniziare dalla storia e dall’archeologia.
Ercole Contu, Professore Emerito dell’Università di Sassari, ha letteralmente affascinato la platea, con un’energia insospettabile per i suoi 92 anni, intessendo il suo brillante racconto, frutto di interi decenni di studi sulla materia, con divagazioni “leggere” e gustosi aneddoti personali, sempre sul filo di un’ironia pungente e mai eccessiva. Dai bronzetti dotati di grucce per sostenersi durante la spremitura fatta con i piedi, alle varie tipologie di anfore, in qualche caso rivestite per sopportare i traumi del trasporto, per finire con l’utilizzo dei corni animali come recipienti per bere (da cui l’espressione “corru ‘e binu” rimasta nella nostra “limba”), tutta una serie di inequivocabili dimostrazioni di come il consumo del vino fosse radicato nella civiltà sarda fin dai tempi più remoti.
L’archeologa Daniela Rovina, Funzionario presso la Soprintendenza Archeologia della Sardegna, ha spostato l’attenzione sul grande sviluppo della viticoltura verificatosi in epoca medievale, grazie all’attività delle comunità monastiche e alla ripresa dei traffici commerciali in tutto il mediterraneo e, nello specifico, nel nord Sardegna. Nei dintorni di Sassari sono infatti numerosi i resti di fosse scavate nella roccia (che venivano colmate di terra per l’impianto delle viti) e di palmenti per la vinificazione. In quest’epoca il vino, che – per il consumo – veniva tagliato con acqua calda o fredda, era diventato un alimento fondamentale per tutte le fasce della popolazione.
Il Dott. Giuseppe Maisola, Archeologo presso l’Università degli studi di Sassari, ha ricordato l’importanza dell’archeologia dei paesaggi e, nello specifico, del paesaggio agrario in cui è collocato il Nuraghe Cobulas, situato a pochi chilometri da Milis. E’ possibile notare come, attorno al nuraghe, sia evidente la presenza di insediamenti produttivi, che concernono chiaramente anche la coltivazione della vite e il processo di vinificazione. Poi, nel corso dei secoli, la tradizione è stata portata avanti in diversi modi, con un importante impulso da parte delle comunità monastiche benedettine e camaldolesi che introdussero, tra le altre cose, anche la pratica della vite maritata a pioppo.
La Responsabile della Delegazione AIS Gallura, Attilia Medda, ha ribadito l’importanza del recupero delle tracce della tradizione per raccontare e comunicare il vino, chiudendo il suo breve ma suggestivo intervento con la lettura di un testo di Giacomo Tachis dedicato al vino novello.
In conclusione, l’Assessore regionale all’agricoltura, Elisabetta Falchi, ricordando come il vino novello sia una sorta di viatico per la nuova stagione enologica, ha evidenziato l’esigenza di concentrare tutti gli sforzi anche in un’ottica commerciale, che tragga vantaggio e impulso dalla valorizzazione della territorialità e del paesaggio rurale che è anche paesaggio archeologico. Tutta una serie di elementi che ha nel vino un vero e proprio testimone privilegiato.
Nel pomeriggio e fino alla sera della domenica, spazio alla sagra vera e propria, con numerosi stand a colorare le vie del caratteristico centro storico di Milis e a richiamare, come al solito, un foltissimo numero di appassionati.