La birra che vien dalla campagna – 1a parte – Le Saison

La birra che vien dalla campagna – 1a parte – Le Saison

Viaggio nella storia e produzione delle birre Saison e Bière de Garde. La nascita e diffusione di una filosofia birraria all’insegna dell’estate: le farmhouse ale o birre di fattoria

Nei territori di confine tra il nord-est della Francia e il Belgio, nel periodo a cavallo tra il XVIII e XIX secolo, i territori corrispondenti alla parte nord del Passo di Calais e le Fiandre risultavano molto simili per tradizioni contadine e culture.
In queste terre, il periodo preindustriale è stato caratterizzato da una grande diffusione delle produzioni agricole e delle corrispondenti filosofie di vita. Nelle fattorie del tempo tutto era declinato a favore di una produzione per l’autosostentamento; si coltivavano cereali, frutta, ortaggi; era ancora largamente usata la pratica del baratto. Non deve quindi stupire se gli agricoltori del tempo, in un’ottica di “filiera corta” e piena gestione delle risorse dei campi, producessero in proprio anche la birra.
D’altronde questa usanza non è particolarmente dissimile da quella che nell’Alto Palatinato in Germania portò alla produzione delle birre Zoigl, realizzate dalle famiglie del villaggio, utilizzando a turno un impianto comunale.
Nella visione frenetica del mondo industriale di oggi, ci può sfuggire il fatto che nei secoli passati, molto prima che venissero inventati i sistemi moderni di refrigerazione e termostatazione, la produzione delle birre seguisse gioco forza una sua stagionalità e non di rado essa avvenisse soprattutto nei mesi invernali o primaverili, per garantire una buona scorta nei mesi caldi.
A questo meccanismo rispondevano anche le birre che gli agricoltori e fattori della Francia del nord e del Belgio producevano per il proprio fabbisogno e quello dei lavoratori dei campi durante le fatiche estive. La produzione brassicola inoltre era profondamente radicata nella cultura fiamminga e questo alimentava una solida tradizione che è confluita, ai giorni nostri, nella famiglia delle cosiddette farmhouse ale o birre di fattoria.
Le materie prime utilizzate erano quelle che offrivano i raccolti, dall’orzo al frumento, alla segale e all’avena sia in forma grezza che maltati. Trattandosi inoltre di birre stagionali il cui scopo ultimo era quello di essere dissetanti, al contempo nutrienti e che potessero tenere nel tempo, visto che passavano diversi mesi dalla produzione al consumo, i birrai sapevano di dover lavorare molto o sul contenuto di alcol o sulla luppolatura e su un’impronta al palato molto secca che garantisse una pronta beva.
Nei territori francesi e belgi di cui si narra, gli approcci si diversificarono nel tempo sino a connotare due famiglie di stili differenti: le Saison in Vallonia (Belgio) e le Bière de Garde in Francia.
Sia chiaro, proprio per la loro natura contadina, queste famiglie di birre non hanno alle spalle una solida documentazione storica, visto che molto si tramandava oralmente; tant’è che in gran parte non si poteva (e forse neanche oggi in senso stretto si potrebbe) parlare di un vero e proprio stile birrario, bensì, come detto prima, più che altro di famiglie di birre.
In questa prima parte incentriamo il racconto sul lato belga della produzione: Le Saison.
Una radicata tradizione orale rende complesso delineare una dettagliata storia delle Saison, etimologia probabilmente legata ai saisonniers – i braccianti stagionali. È abbastanza consolidata l’idea che la produzione fosse concentrata soprattutto nei periodi di dicembre, poco prima del Natale e a marzo, quando era più ampia la pausa dalle attività dei campi. Le materie prime erano abbastanza varie, in funzione delle disponibilità del fattore; l’orzo, sicuramente il cereale più utilizzato, era solitamente della tipologia esastico, disponibile nelle stagioni invernali, pur tuttavia non mancavano frumento, segale e avena.
Come detto si tendeva ad adottare soluzioni che permettessero una buona conservabilità delle birre e nel caso delle Saison il metodo di elezione era quello di procedere a luppolature generose, sia in fase di bollitura che nelle fasi successive. Per rendere ancora più appetibili queste birre stagionali, a seconda di quelle che erano le disponibilità del contadino, era frequente l’aggiunta di spezie e aromi, tra i quali dominavano coriandolo, pepe, zenzero, senza tuttavia una ricetta precisa.
All’epoca di cui si parla la fermentazione era ovviamente affidata ai lieviti spontanei, protagonisti di processi fermentativi che, durante il lungo periodo di maturazione, portavano a un livello di attenuazione molto elevato che conferiva alla bevanda un grado di secchezza spinto. A ciò si aggiungevano delle note acidulo-lattiche attribuibili al verificarsi quasi immancabilmente di ulteriori fermentazioni ad opera dei batteri lattici e, in alcuni casi, a sfumature animali da brettanomiceti.


In questo contesto ne derivava un quadro sensoriale di una certa complessità, in cui prevalevano vinosità e note olfattive terrose, con sensazioni molto fresche e una buona dose di amaro. La gradazione alcolica era piuttosto variabile, ma tipicamente non era elevata e si attestava all’incirca sul 4% vol. Con l’avvento dell’industrializzazione, che ebbe effetti più repentini nella parte francese, certi aspetti legati alla caratteristica stagionale delle Saison scomparvero. Anche l’uso degli impianti frigoriferi, delle fermentazioni controllate e dei lieviti selezionati, portò a una maggiore standardizzazione del gusto. Il percorso successivo di queste particolari birre fu piuttosto arduo, anche e soprattutto nel tentare di contrastare il diffondersi delle fresche Pils tedesche e boeme, tanto che sul finire degli anni ’50 del novecento rischiarono di scomparire. La loro “renaissance” si deve in gran parte al birrificio vallone della Dupont, situato a Tourpes nel versante ovest del Belgio, che creò praticamente l’archetipo stilistico delle moderne Saison, una birra dal bel dorato carico e un cappello di schiuma denso e persistente, connotata da un intenso profumo fruttato e agrumato, sfumature terrose, una piacevole speziatura di pepe e coriandolo e una leggera vinosità.

Al palato regala grande freschezza e un profilo profondamente secco, grazie solitamente ad un’attenuazione molto spinta. La carbonatazione si fa sentire e arricchisce la sensazione dissetante insieme ai richiami agrumati. La chiusura del sorso vira su un amaro erbaceo che pulisce il palato e invita alla beva. Ai giorni nostri le interpretazioni dello stile Saison si fanno via via più originali e interessanti, senza dimenticare spesso i caratteri originari, che connotavano queste birre dal carattere un po’ ruspante.

Nella capitale belga, la Brasserie de la Senne produce la piacevolissima Saison du Meyboom, il cui nome è legato ad un rituale che si celebra a Bruxelles ogni 9 agosto. Si tratta di una birra dalla veste paglierina opalescente sormontata da schiuma persistente. I profumi sono tipici, appena vinosi e con decise sfumature agrumate, arricchite da lievi note speziate. Il sorso è agile, fresco e decisamente asciutto; lascia appena trasparire una leggera percezione maltata, virando poi nel finale verso un amaro ben dosato, sostenuto da una scorza di arancia amara.


Anche il nostro territorio isolano annovera alcune Saison di pregevole fattura. Nel sud della Sardegna, il birrificio Barley, creatura del mastro birraio Nicola Perra, fra l’altro molto noto per la interessante gamma di Italian Grape Ale, produce una versione particolare di Saison, la Duenna (fantasma in dialetto cagliaritano). Questa birra coniuga l’uso di malti e lieviti tipici dello stile con alcune “contaminazioni” americane, a partire dai luppoli; si presenta con un ammaliante colore aranciato e una schiuma ben compatta, persistente. L’esordio olfattivo è tutto incentrato sulle note dell’agrume, cui fa da eco un soffio di esotico e floreale. Non mancano gli accenti speziati di pepe e lievemente terrosi.

La corsa gustativa sorprende per gli equilibri giocati fra un ingresso appena mielato e agrumato e un’impronta fresca e decisamente secca che accompagna il sorso verso un finale amaro che contribuisce al carattere dissetante di questa pregevole birra.