Un pomeriggio passato in casa a cercare qualcosa da fare; il meteo non aiuta, fuori piove. Mi metto al computer per ingannare il tempo e mi ritrovo sulla homepage di un noto sito e-commerce; come spesso mi accade sulla barra di ricerca scrivo la parola chiave “vino”, nel filtro seleziono “libri”. Scorro velocemente le varie proposte finché il mio sguardo viene attratto da una copertina dai colori sapientemente scelti, l’azzurro e l’arancio, complementari sulla ruota cromatica che risaltano all’occhio come il sole al tramonto sul mare. Un altro elemento mi cattura: il titolo “Sapere di tappo”. Quella combinazione di parole che richiama alla mente sgradevoli incubi sensoriali, cocenti delusioni in fase di stappatura e bottiglie impietosamente svuotate nel lavandino, mi ricorda il noto difetto del vino dovuto alla presenza del famigerato tricloroanisolo, anche noto come TCA. “Sarà un libro sui difetti del vino” è il primo pensiero che mi passa per la mente e senza alcuna riflessione o approfondimento lo inserisco nel carrello e chiudo l’ordine.
Dopo qualche giorno, con la celerità che ormai contraddistingue questo settore, un corriere mi recapita il pacco con il libro; mosso dalla curiosità, scarto velocemente e mentre sfoglio mi accorgo di aver preso una grossa cantonata; a rivelarmelo è il titolo completo: “Sapere di tappo – La vera storia dell’oggetto più usato del mondo”. Non un testo sui difetti del vino, dunque, ma sui tappi, scritto da Alessandro Zaltron e Francesca Marchetto per Ronzani Editore.
Ormai la frittata è fatta, vedo di cosa si tratta. Inizio a leggere e mentre vado avanti mi ritrovo intrappolato in un viaggio a ritroso nel tempo, alla ricerca dell’origine del tappo. Pare che la prima menzione di questo comunissimo oggetto sia stata trovata nel mito greco, più precisamente nella leggenda del “Vaso di Pandora” riempito coi doni degli dei, molti dei quali in realtà erano sortilegi, custoditi proprio da un tappo. Gli autori ripercorrono la storia del tappo e la sua evoluzione passando per la Mesopotamia, la civiltà sumera, gli antichi Egizi, l’isola di Creta e la città di Cnosso. Fenici, Greci e Romani che trasportano in tutte le coste del Mar Mediterraneo le loro merci, inclusi vino, olio e profumi, rigorosamente custoditi in anfore sigillate con argilla e altri materiali malleabili simili.
Per arrivare all’utilizzo del sughero occorrerà aspettare almeno fino al 1680, quando un gruppo di mercanti/viandanti spagnoli si ferma presso l’abbazia di Hautvillers e fa incontrare delle piccole strisce, quasi dei parallelepipedi, di questo tessuto vegetale con il mitico Dom Pérignon. Proprio grazie all’impiego dei tappi di sughero, infatti, il celeberrimo frate celliere iniziò a dominare l’esuberanza della rifermentazione del vino ponendo le basi per la produzione del moderno Champagne.
Ma la vera rivoluzione per i tappi è avvenuta tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo; con l’avvento delle bevande gassate si è potuto assistere all’impegno di molti inventori che hanno fatto a gara per trovare la miglior soluzione per contenerle e conservarle, fino a quando, il 2 febbraio 1892, William Painter deposita il brevetto del Crown Cork, il tappo a corona, ancora oggi il dominatore incontrastato nel mondo dei tappi. Questa sezione è impreziosita da alcune tavole grafiche dell’epoca, copia di quelle depositate all’ufficio brevetti in quegli anni.
Il resto del libro si concentra sui vari utilizzi e riutilizzi che si possono fare dei tappi, dalle opere letterarie ai proverbi, dalla pop-art all’arte del riciclo, complementi d’arredo, collezioni, usi non convenzionali e per finire un paragrafo sull’arte di stappare, forse quella più congeniale a noi sommelier.
Non è ciò che mi aspettavo ma è veramente un bel libro, molto ben costruito; lettura piacevole che riporta l’attenzione su un oggetto ormai divenuto così familiare che spesso non facciamo più caso a quanto sia utile.
Buona lettura!