Langhe DOC

Recentemente abbiamo parlato, su queste pagine, del film documentario Barolo Boys, nel quale si racconta il fenomeno che ha “rivoluzionato” l’enologia delle Langhe negli ultimi trent’anni.

Oggi spostiamo la nostra attenzione su quello che è una sorta di “prequel”, e cioè Langhe DOC film documentario realizzato nel 2011 da Paolo Casalis, co-autore di Barolo Boys.

Allegato all’edizione in DVD c’è un agile volumetto, scritto da Federico Ferrero e intitolato “Storie di eretici nell’Italia dei capannoni”, frase che funge anche da sottotitolo del film oltre a scoprire subito le carte sul taglio dell’opera. Eh sì, perché al centro della narrazione ci sono proprio le storie di tre personaggi che, con il loro carico di coraggio e utopie, praticano una strenua resistenza contro l’inesorabile degenerazione, anche paesaggistica, del territorio langarolo, sempre più costellato di ingombranti capannoni.

Il racconto è ritmato da alcuni significativi interventi di Giorgio Bocca che, con poche pennellate, dipinge un quadro fosco e realistico allo tempo stesso, con la lucida e profetica intuizione che è patrimonio solo dei più grandi. Parole che val la pena di riportare integralmente: “Nel breve spazio della mia lunga vita, l’Italia è cambiata in maniera spaventosa. Non si è badato a nessun risparmio, si è costruito in grande come se fosse un paese enorme con spazi disponibili per tutti. E invece non ci sono, questi spazi. E’ tutta una lotta contro il tempo. Bisogna riuscire a diventare civili prima che il disastro sia completo. Bisogna vedere se arriviamo ancora in tempo a salvare questo paesaggio. Per me in gran parte l’abbiamo già distrutto”.

In quest’orizzonte si collocano le vicende di Maria Teresa Mascarello, Mauro Musso e Silvio Pistone che percorrono con nostalgia e passione i 52 minuti di questo avvincente documentario.

Maria Teresa Mascarello ha ereditato dal padre Bartolo (grande uomo di Langa) l’azienda vinicola che porta avanti con rigore e coerenza, in un panorama produttivo in cui, da una ventina d’anni a questa parte, le spinte verso la contaminazione del mercato “globale” si sono fatte sempre più pressanti.

Mauro Musso, dopo un’esperienza nella grande distribuzione terminata con il licenziamento, ha deciso di produrre in proprio la pasta all’uovo in una ricerca del gusto “assoluto”, in direzione diametralmente opposta alla produzione industriale. Ecco quindi prendere forma questi particolarissimi tajarin, frutto della ricerca maniacale di materie prime in grado di coniugare qualità e salubrità: dalle uova biologiche alle farine e semole ottenute da rarissimi grani come Margherito e Senatore Cappelli (solo per citarne alcuni) e da altri cereali come farro e segale.

Silvio Pistone, abbandonata l’attività di piastrellista svolta in tandem col papà, ha messo su un piccolo gregge di una cinquantina di pecore per produrre, in un casale abbandonato, un formaggio di altissima qualità, che sarebbe “Robiola d’Alba”, per quanto chiamata comunemente “Tuma”.

Tre storie che profumano di libertà e resistenza, in un territorio che tanto ha dato alla Resistenza, come testimoniano le memorabili pagine di Fenoglio e Pavese.

Accomuna i tre personaggi l’orgogliosa rivendicazione della propria condizione di “piccoli”, una scelta in totale controtendenza rispetto al completo asservimento alle leggi del mercato, entità capace di ingoiare e macinare tutto, lasciando ai non allineati le piccole riserve indiane dell’eresia, appunto.

Tra le numerose testimonianze, particolarmente significativa quella del papà di Mauro Musso, il quale non nasconde la preoccupazione per la riuscita commerciale del progetto del figlio e dispensa una pillola di saggezza difficilmente confutabile: “Certo, i tajarin di Mauro costano più degli altri, ma ho calcolato che incidono per 1 euro a pasto. Conosco tanta gente che se li potrebbe permettere, che acquista i vestiti in boutique e poi va a fare la spesa al discount”.

Una realtà sotto gli occhi di tutti, purtroppo. Un sistema di priorità che dà scarsissima importanza a qualità (e salubrità) di cibi e bevande e, per chi vuole restarne immune, rimane a disposizione, anche in questo caso, unicamente la scelta dell’eresia.