
La forza tranquilla – La Contralta e i suoi vini, tra ambizione e minimalismo
La crescita costante del mercato del vino ha incentivato l’arrivo di capitali e ha fatto sì che numerose aziende nascessero come una sorta di investimento, ma il segreto della riuscita è chiaramente da individuare nella scelta del materiale umano in grado di rielaborare quella magica alchimia che traduce la vite impiantata in un determinato luogo nel vino che degustiamo nei calici.
E ben si può dire che la Società Domo (fondo di investimento inglese ma di proprietà italiana) si sia mossa seguendo questi binari, creando nel 2019 l’azienda La Contralta e individuando in Giovanni Nicola Dettori (Presidente del CDA e responsabile finanziario) e Roberto Gariup (Amministratore Delegato e Direttore Tecnico) gli interpreti più qualificati per questa nuova declinazione del terroir gallurese. Gariup, friulano di origine e sardo per scelta di cuore, si è formato nell’Istituto agrario di Cividale, maturando esperienze con aziende importanti come quella di Marco Felluga. E “galeotta” fu proprio l’azienda Felluga nell’ospitare per uno stage Marianna Mura, al tempo specializzanda in enologia, che al termine del tirocinio rientrò in Sardegna, ma non da sola…
Poi, nella composizione dell’organigramma aziendale, la scelta è caduta sempre su professionisti preparati e sintonizzati sulla medesima lunghezza d’onda, dalla responsabile vendite Anna Maria Fara (specializzata in marketing del vino, Sommelier, esperienze come guida eno-turistica) all’agronomo Maurizio Saettini (toscano, da diversi anni attivo in Sardegna), dal responsabile del personale in vigna Alessandro Raspitzu al segretario Bachisio Sirena, entrambi provenienti da lunghe esperienze nelle aziende locali. Potrebbe sembrare stucchevole questa elencazione di nomi, ma è proprio l’aspetto “umanistico” il primo a colpire nell’entrare in contatto con questa nuova azienda, e per quanto il mio personale giudizio possa apparire condizionato dalla conoscenza ravvicinata di alcuni dei protagonisti, sono sicuro che la stessa impressione sia condivisa da tutti i partecipanti al Press tour (o incontro con la stampa che dir si voglia) che ha avuto luogo lo scorso mercoledì 16 marzo, e che ha visto la collaborazione all’organizzazione dalla brillante Teresa Caniato dell’agenzia GDComunicazione, partner aziendale fin dall’inizio dell’attività. Al momento i vigneti di più recente impianto (per i quali è stata scelta la forma di allevamento ad alberello) sono ubicati a Palau, in Località Le saline, ed entreranno in produzione nei prossimi anni, mentre le uve lavorate nelle prime tre vendemmie provengono dalla tenuta di Enas (con i vigneti a spalliera impiantati dalla precedente proprietà tra il 2005 e il 2007), nel territorio di Loiri-Porto San Paolo, sede della cantina in cui si svolge l’intero processo produttivo, che prevede l’utilizzo di vasche inox e in cemento, anfore in ceramica, barrique e tonneau, recipienti che ospitano indifferentemente bianchi e rossi.
Eh sì, perché in questo caso emerge l’imprinting friulano di Roberto Gariup che già da tempo ha affiancato alle vinificazioni più tradizionali una serie di sperimentazioni – soprattutto con l’interessante e minimalista progetto Venas – sui bianchi macerati, tipologia che rappresenta in maniera molto efficace la terra di confine da cui proviene. Certo, lì si lavora su ribolla gialla, friulano, vitovska e malvasia istriana, ma la sfida era proprio quella di testare questo stile di vinificazione sul vermentino, soprattutto quello coltivato in Gallura, e in futuro anche sugli altri varietali. E i primi risultati ottenuti hanno indubbiamente fornito risposte molto positive.
“L’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”, giusto per rifarsi ai “classici”, ed è proprio la volontà di evitare i voli pindarici e rimanere ben ancorati alla terra il filo conduttore della filosofia aziendale: scelta dei vitigni tradizionali del territorio (vermentino, cannonau, carignano; in futuro anche caricagiola e pascale di Cagliari), agricoltura biologica, rispetto delle biodiversità e minimalismo enologico. Minimalista è anche la connotazione estetica del logo e del packaging, ispirati alle opere d’arte di Costantino Nivola e realizzati dal designer inglese John Pawson.
A far da sottofondo, un pensiero ambizioso, dichiarato non con proclami roboanti ma con la cura estrema per ogni più piccolo dettaglio: il simbiotico legame di tutto il team col territorio che si riverbera nell’anima più profonda dei vini e che vuole essere elemento identitario e chiave di accesso per arrivare ai consumatori, facendo in modo che in questi stessi valori si possano riconoscere.
E se, oltre che nell’architettura e nelle arti visive, il minimalismo ha fornito grandi risultati in musica (da John Cage a Philip Glass, etc.) e letteratura (Raymond Carver su tutti), nulla vieta di sognarne la piena realizzazione anche in ambito vitivinicolo.
Il primo approccio con La Contralta è proprio nel luogo eponimo, la tenuta in zona Le Saline, a Palau, che digrada verso la piccola spiaggia che ha dato il nome all’azienda. Un antico stazzo, filologicamente restaurato, offre un efficace complemento allo spettacolare panorama che già di per sé non avrebbe bisogno di presentazioni e consente ai partecipanti di sostare brevemente per un primo brindisi con un calice di Vermentino di Gallura Superiore Fiore del sasso 2019. Si tratta della primissima referenza prodotta, un vermentino in purezza maturato in acciaio sui lieviti con un’aggiunta del 20% dalla massa maturata in tonneau con macerazione. Un vino agile e prestante, con una invidiabile connotazione ancora “giovanile”, perfetto come biglietto da visita.
L’arrivo a Enas, in località Zappallì, ci mostra la nuovissima e moderna cantina (progettata e realizzata dallo studio Conzinu-Desteghene, di proprietà di due giovani ma già esperti architetti olbiesi), perfettamente integrata nel paesaggio, in cui è presente una confortevole sala degustazione affacciata sui vigneti. I vini aziendali vengono degustati durante il pranzo realizzato dallo chef Giorgio Barone, olbiese di origine ma attivo a livello nazionale. Primo vino degustato, il Fiore del sasso 2020, realizzato più o meno con le stesse modalità del millesimo precedente, con la differenza che l’aggiunta del 20% maturato in tonneau proviene in parte dalla massa in macerazione e in parte da vinificazione tradizionale in bianco. Anche questo millesimo conferma le doti del precedente: deciso ed elegante impatto olfattivo, palato ricco e teso, piacevole retrogusto amaricante. Si prosegue poi con il Sicut erat 2020, prodotto sempre con uve vermentino fermentate con lieviti autoctoni a contatto con le bucce per 67 giorni in anfora; nello stesso recipiente matura poi per 9 mesi prima dell’imbottigliamento. Un bianco dai profumi netti e variegati, in cui emergono anche delicate note di pasticceria, che entra al palato discreto e poi si impone con una lunga persistenza, oltre a mostrare un perfetto equilibrio nonostante la generosa dotazione alcolica. È quindi il turno del vino che ha ottenuto le 4 viti, simbolo dell’eccellenza, nell’ultima edizione della nostra Guida Vitae, Al sol brilla 2019. Un “orange wine” ottenuto da uve vermentino con fermentazione in tonneau per 15 giorni a contatto con le bucce, a cui segue la maturazione suddivisa fra 12 mesi in legno e 8 in acciaio prima dell’imbottigliamento. Un vino ricco e opulento, con sentori mielati e speziati e con una potenza aromatica e gustativa mai disgiunta dalla freschezza e dalla piacevolezza di beva.
Si passa quindi ai rossi, con le due annate finora prodotte del Cannonau L’ora grande, che fermenta in acciaio e matura per 6 mesi in barrique: il 2019, che ha già avuto importanti riconoscimenti dalla stampa specializzata, conferma l’agile e piacevole beva caratterizzata da un filo conduttore di note balsamiche, mentre è la golosa componente fruttata a marcare maggiormente il profilo del millesimo 2020. Arriva infine il momento del M’illumino 2019, ottenuto da uve carignano fermentate in acciaio che hanno maturato poi per 19 mesi un unico tonneau. La produzione è infatti molto limitata e vengono imbottigliati solo 350 magnum. Un rosso austero e potente, con un profilo olfattivo variegato (confettura di amarene, spezie piccanti, note balsamiche) e una dinamica gustativa piena e appagante, che mostra anche un buon potenziale evolutivo. In chiusura, Roberto Gariup riserva ai presenti una sorpresa che è anche una piacevole primizia: il campione di vasca di un Vermentino, ottenuto da uve appassite in pianta, che sta maturando in botte. Un vino “in fieri”, con un buon impatto olfattivo e un palato molto appetitoso, grazie alla dolcezza “controllata” e alla buona dote fresco-sapida.
È doveroso, a questo punto, dedicare qualche riga ai nomi dei vini. L’influenza friulana è ben presente anche in questo caso, visto che per buona parte delle etichette l’ispirazione è da ricercare nei versi del poeta triestino Umberto Saba: Contovello per Fiore del sasso, L’ora nostra per L’ora grande, Confine per Al sol brilla. Fanno eccezione M’illumino, ispirato alla celebre poesia Mattina di Giuseppe Ungaretti, e Sicut erat (espressione in lingua sarda mutuata dal latino), che rimanda alla popolare canzone “Nanneddu meu”, incisa fra gli altri anche dai Tazenda e basata sulla poesia A Nanni Sulis scritta a fine ‘800 dal tonarese Peppino Mereu: non a caso l’unico vino al momento maturato in anfora, secondo uno stile antico, “così com’era” una volta. E che fa eccezione anche per l’etichetta, ispirata ai telai e alle opere d’arte di Maria Lai.
Un’azienda giovane, nata solo tre anni fa, che ha dovuto subito affrontare il “battesimo di fuoco” di un biennio problematico come non mai. Ma le premesse per lavorare bene ci sono tutte.